mercoledì 27 maggio 2015

Suoe IRENE



GIOIA E GRATITUDINE PER LA CHIESA DEL KENYA





CENNI BIOGRAFICI
LA BIOGRAFIA DI SUOR IRENE È DI UNA SEMPLICITÀ SCONCERTANTE. Il 22 agosto 1891, di sabato, quinta di 12 figli, nasce ad Anfo, un paesino del bresciano sulle sponde del lago d’Idro. Battezzata il giorno dopo, è educata alla fede da genitori ferventi cattolici. Una volta cresciuta, diventa zelatrice dell’Apostolato della preghiera e insegna catechismo in parrocchia.

Nel 1905 padre Angelo Bellani, missionario della Consolata, visita Anfo prima della sua partenza per la missione del Kenya. Tra le ascoltatrici attente c’è anche la nostra, quattordicenne, che aveva già manifestato il desiderio di farsi missionaria.

Nel 1907 le muore improvvisamente la mamma, Annunziata. Nel 1909 il padre si risposa e Mercede si trova bene con Teresa, la nuova mamma. Memore dell’incontro con padre Bellani, alla notizia che a Torino sono nate le suore missionarie della Consolata, Mercede chiede al padre il permesso di farsi missionaria. Vinte le sue resistenze con l’aiuto del parroco, don Capitanio, il 19 giugno 1911, ventenne, parte per Torino. Veste l’abito da suora e prende il nuovo nome di «Irene» nel 1912; conclusi i due anni noviziato nel gennaio 1914, si dedica poi alla preparazione per l’Africa e lo studio delle lingue. Il 28 dicembre parte per il Kenya e il 31 gennaio 1915 arriva a Mombasa, dove, salutando la sua nuova terra, esclama «Tokumye Yesu Kristo!», ovvero «Sia lodato Gesù Cristo!», l’unica frase, per il momento, che conosce in lingua kikuyu.
Appena il tempo di inserirsi e di imparare la lingua locale ed è inviata con altri missionari e missionarie negli ospedali militari dove si curano i carriers, i portatori a servizio dell’armata inglese in guerra con i tedeschi che controllano il Tanganika. Prima a Voi, in Kenya, e poi a Kilwa Kivinje, Lindi e Dar-es-Salaam in Tanzania, per quattro anni (1915-1919) Irene si spende come crocerossina (insieme a quarantacinque altri missionari e missionarie della Consolata e Vincenzine del Cottolengo) in quelle anticamere della morte dove venivano curati migliaia di giovani africani arruolati a forza.
Nel 1920 la troviamo a Gekondi, nella regione centrale del Kenya, dove si butta nell’insegnamento nella scuola per ragazze e nella visita ai villaggi. Infaticabile e scattante, visita i malati, consola i morenti, recupera i bambini abbandonati, convince i genitori a lasciare che le loro figlie vadano a scuola, segue un gruppo di ragazze desiderose di consacrare la vita a Gesù, e tanto di più. La gente comincia a chiamarla «NYAATHA» (MAMMA MISERICORDIOSA).
Nel settembre 1930, dopo l’annuale settimana di preghiera e ritiro a Nyeri, chiede alla sua superiora il permesso di offrire la sua vita per la missione. Nel frattempo a Gekondi scoppia la peste. Suor Irene ne è contagiata assistendo un ammalato. Muore il 31 ottobre 1930, a 39 anni. Sepolta prima nel cimitero dei missionari al Mathari, alla periferia di Nyeri, è stata poi posta in un’urna di marmo rossastro nella chiesa della parrocchia del Mathari stesso. Dopo la beatificazione sarà trasferita nella cattedrale di Nyeri, dedicata alla Consolata.( G.A.)
IL MIRACOLO ATTRIBUITO ALLA INTERCESSIONE DI SUOR IRENE. Si tratta della moltiplicazione dell’acqua del fonte battesimale della chiesa parrocchiale di Nipepe (Diocesi di Lichinga, Niassa, Mozambico), di cui si servirono i catechisti di varie parrocchie della diocesi, riuniti per un corso formativo  assieme al Parroco, P. Giuseppe Frizzi IMC, e rimasti segregati nella chiesa di Nipepe, nella quale accorsero anche persone del paese, a causa della belligeranza tra le due fazioni Frelimo e Renamo, che seminavano devastazione e morte. Si tratta di circa 260 persone, inclusi molti bambini che scorrazzavano nella chiesa nel periodo più caldo dell’anno, gennaio 1989. Fu invocata Suor Irene e si ebbe acqua sufficiente per tutti i rifugiati in chiesa per tre giorni e mezzo, e non solo per bere, ma pure per rinfrescarsi dal sudore e anche per lavare una bambina nata in quella circostanza e chiamata Irene. Non vi era nessun’altra possibilità di fornirsi di acqua e il catechista Bernardo diede il permesso di servirsi di quella del fonte battesimale, che essi, dicono gli interessati, non avrebbero mai avuto l’ardire di toccare. Si tratta di un fonte battesimale scavato in un tronco di albero, con numerose crepe, per cui perdeva molta acqua. Alla fine della segregazione, il responsabile della parrocchia, P. Frizzi, si accorse che il pavimento attorno al battistero era molto bagnato. Stupito, fu  informato dalla gente di quanto era avvenuto. I tecnici hanno valutato che all’inizio della prigionia non dovevano esserci più di quattro, al massimo sei, litri di acqua nel tronco scavato. Suor Irene, e solo lei  venne invocata ogni giorno per la salvezza dei catechisti.  I testimoni presenti continuano a ripetete, in vari modi: “Per intercessione di Suor Irene siamo salvi”, “Lei ci ha ascoltato e aiutato”; “è stata madre Irene a fare il miracolo”, e così via.
 “Le beatificazione ci stimola a raccogliere l’eredità di suor Irene, fatta di semplicità evangelica e passione missionaria, di misericordia, di autenticità di vita, di capacità di comprendere e toccare il cuore dell’altro” ha scritto suor Simona Brambilla, Superiora generale delle Missionarie della Consolata.


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