a proposito della visita del Papa in Myanmar:
"Ma l’impegno della Suu Kyi nell’affrontare questa situazione
è stato criticato a livello internazionale, e proprio ieri la municipalità di
Oxford ha ritirato un premio, il “Freedom of the City”, concesso alla
consigliera di Stato venti anni fa. A causa della sua «inazione di fronte
all’oppressione della minoranza Rohingya». Anche le parole del Papa sono parse
troppo soft per Human Rights Watch's Asia division e i rappresentanti della minoranza
islamica.
Molti dimenticano che il Papa non è andato in Myanmar e Bangladesh
con l’obiettivo esclusivamente politico di far da paciere. Lo ha detto lo
stesso Francesco proprio nell’attacco del discorso di ieri: «Sono venuto,
soprattutto, a pregare con la piccola ma fervente comunità cattolica della
nazione, per confermarla nella fede e incoraggiarla nella fatica di contribuire
al bene del Paese». I cattolici nell’ex Birmania sono appena l’1% della
popolazione, ma Francesco li ha ricordati anche in chiusura del discorso:
«desidero incoraggiare i miei fratelli e sorelle cattolici a perseverare nella
loro fede e a continuare a esprimere il proprio messaggio di riconciliazione e
fraternità attraverso opere caritative e umanitarie, di cui tutta la società
possa beneficiare. È mia speranza che, nella cooperazione rispettosa con i
seguaci di altre religioni e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà,
essi contribuiscano ad aprire una nuova era di concordia e di progresso per i
popoli di questa amata nazione».
L’entusiasmo di questa piccola Chiesa, raccontano le
cronache di chi ha vissuto l’esperienza di quella realtà, è contagioso. Si
tratta di uomini e donne che grazie alla Chiesa cattolica e alla conversione al
Vangelo hanno potuto trovare libertà e un aiuto concreto per uscire dalla
povertà e dall’analfabetismo."
Tratto da "La bussola quotidiana"
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